Commento al Vangelo

Il brano evangelico di questa prima domenica di Avvento è tratto dal vangelo di Marco che ci accompagnerà lungo tutto quest’anno liturgico. I versetti del capitolo 13,33-37 che ci vengono proposti sono collocati alla fine del vangelo prima del racconto della passione, ma ci vengono proposti all’inizio dell’anno liturgico a ricordarci che l’atteggiamento della attesa vigile è l’inizio di ogni cammino di fede. In questi pochi versetti Marco ripete la parola e l’invito a vigilare, potremmo dire in maniera quasi ossessiva, suscitando quasi uno stato di ansia. Non è consigliabile leggere questo brano prima di addormentarsi, perché rischieremmo di non riuscire a prendere sonno serenamente. L’addormentarsi sembra essere considerata la peggior disgrazia che ci possa capitare.

Nella tradizione cristiana, questo tema della vigilanza viene spesso accostato alla venuta di Gesù alla fine dei tempi. L’attesa di questa venuta era molto forte nelle prime comunità cristiane, come ci testimoniano anche le prime lettere scritte da S. Paolo (lettere ai Tessalonicesi) perché si riteneva, probabilmente anche perché Gesù l’aveva fatto intendere, che il suo ritorno (il ritorno del “figlio dell’uomo”) sarebbe stato imminente. Poi Gesù non è ritornato, perlomeno nei termini in cui ci si aspettava, ma ritorna tra noi continuamente come l’avvento e il Natale ci ricordano. Potremmo dire: torna tra noi ogni giorno. Per questo il tema della vigilanza è attuale ed è così sottolineato nel tempo di Avvento. Forse, l’esempio di una mamma che ha un bambino appena nato e che dorme, possiamo dire con i ritmi del figlio, sempre pronta a cogliere le sue richieste di aiuto, e a soddisfare i suoi bisogni primari, ci può aiutare a cogliere il senso della vigilanza. L’attenzione all’altro è il cuore della vigilanza, perché là, si realizza anche l’incontro con Gesù come ci ricordava il vangelo della domenica di Cristo Re.

Certo poi bisogna riflettere per cosa valga veramente la pena vigilare. È necessario saper cogliere ciò che veramente è importante aspettare nella vita. L’itinerario che l’anno liturgico ci propone con il vangelo di Marco sarà un’opportunità per capire ciò che secondo Gesù è fondamentale saper attendere; per quale fine è necessario stare svegli se vogliamo che la nostra vita non si trascini tra attese fasulle e disillusioni effimere. Dobbiamo vigilare per imparare a cogliere ciò che rende bella la nostra vita e la buona notizia di Gesù ci indicherà il cammino. Vegliare quindi è anche ascoltare la parola di Gesù.

La vigilanza ci ricorda infine che ciò che desideriamo per la nostra vita dobbiamo imparare a non aspettarlo come qualcosa che cade dal cielo in maniera miracolistica. Essere vigili non significa essere passivi e pretendere che Dio ci dia quello che vogliamo, ma saper collaborare a costruire con il nostro impegno quello che è il bene per la nostra vita e per la vita di tutti. Quello che ci aiuta veramente ad essere felici lo costruiamo giorno per giorno con l’operosità delle nostre mani. Quello che ci viene donato dal cielo e che Gesù ci ha detto in tutti i modi è che non abbiamo bisogno di ritornare a Dio perché lui è già in mezzo a noi e negli altri lo possiamo ritrovare. Il suo ritorno si realizza ogni giorno. Non vegliamo nell’attesa inoperosa di un ritorno del Signore alla fine dei tempi, ma per non perdere l’occasione che ci è donata ogni giorno di incontrarlo. Forse per questo la parola ‘presente’ è anche sinonimo di ‘regalo’, che possiamo accogliere vigilanti come un dono che arricchisce la nostra vita e ci rende felici, ma possiamo anche sprecare perché addormentati da ciò che rende invece la vita povera e senza senso.

Sono forse queste modalità di vigilanza che ci permettono di vivere con intensità il presente e di addormentarci la sera con le parole del salmo 4,9: “In pace mi corico e subito mi addormento, tu solo Signore al sicuro mi fai riposare” per risvegliarci al mattino vigilanti e pronti ad accogliere la vita come un dono, con la consapevolezza che “al risveglio è lui che ci tiene per mano” (salmo 3,6).

Per riflettere

Proviamo ad interrogarci in questo inizio di avvento, singolarmente o come famiglia o con il gruppo che frequentiamo, su cosa significhi per noi “vigilare” lasciandoci accompagnare dalla lettura di Marco 13,33-37 e condividiamo quelle che sono in questo momento le nostre aspettative più profonde quelle che siamo certi che nel loro realizzarsi potrebbero rendere più bella la nostra vita e donarci felicità e gioia di vivere.

Proviamo ad allargare la nostra visione sulle aspettative dell’umanità, condividiamo i nostri sogni per il mondo e proviamo a pensare a cosa noi potremmo fare per contribuire a realizzarli.

Preghiamo

Signore, tu ci vuoi bene e desideri vederci contenti; aiutaci ad accogliere la tua Parola che ci indica la strada giusta che ci porta alla felicità piena.
Aiutaci a diventare una famiglia accogliente, attenta a chi è povero, a chi soffre, a condividere fatica e gioia, ad allargare l’orizzonte, a costruire comunità con le altre famiglie.

Impegno

Vegliare non vuol dire essere sempre svegli, ma considerare anche gli altri. Allarghiamo gli spazi del nostro mondo, non rimaniamo chiusi, attaccati al computer o al telefono, guardiamo agli altri e doniamo un sorriso, uno sguardo di bontà, un gesto di gentilezza, per far risplendere la luce di Gesù.

A cura di alcuni membri del consiglio pastorale di Gardolo

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