Commento al Vangelo
L’anno liturgico appena iniziato avrà come filo conduttore il vangelo di Marco. Esso è destinato a tutti coloro che non hanno conosciuto direttamente Gesù. Quindi anche a noi.
Il primo versetto è quasi un titolo di tutto il vangelo. Comincia con un “inizio”, ma il termine greco ha un valore più profondo del semplice inizio di una vicenda, in quanto significa principio, fondamento. È lo stesso termine con cui inizia il vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo”. Marco ci dice che “principio del Vangelo è Gesù Cristo, cioè il figlio di Dio”.
Il vangelo che proclamiamo in questa domenica non è quindi una storia o una biografia: il vangelo è Gesù Cristo. Questa è la buona notizia, perché il termine vangelo significa appunto buona notizia.
Perché buona? Perché fonda un nuovo rapporto con Dio, non più basato sull’osservanza di una legge esteriore all’individuo, ma sull’accoglienza dello Spirito che è una realtà interiore alla persona. Questo messia, completamente diverso da quello che ci si aspettava all’epoca, è venuto ad inaugurare il regno di Dio, fondato sull’amore universale.
I richiami all’antico testamento ci fanno capire che è iniziato un nuovo Esodo: l’attività di Gesù sarà tutta nel segno della liberazione del popolo. Le caratteristiche esclusive di Dio sono trasferite a Gesù.
La via di Dio richiede la collaborazione di tutti noi che crediamo in Lui: essa non scenderà dall’alto per un intervento divino, ma ha bisogno di coloro che raddrizzino i suoi sentieri. È necessaria una nostra conversione, un nostro cambio di mentalità: chi finora ha vissuto per se stesso ora deve vivere per gli altri.
Il deserto di Isaia è quello della fuga, del ritorno verso casa dalla terra di schiavitù in Mesopotamia e la voce che grida è quella che promette salvezza per il popolo, è un grido di speranza perché scorge l’inizio di una nuova storia di salvezza. Il deserto del Battista invece è quello cercato, quello che si oppone alle piazze ma è anche il deserto che rischia di essere vuoto. È il grido all’interno del popolo che ha smarrito la capacità di ascolto del proprio Dio.
Questo grido deve far giungere fino a Gerusalemme la notizia che il popolo, guidato dal proprio pastore che è Dio, sta tornando a casa. Questo grido vuol far comprendere che Dio è vicino e attraverso l’azione del suo Spirito ogni uomo può diventare suo figlio. Ecco allora l’importanza di rispondere al grido del Battista.
L’immersione nell’acqua di Giovanni Battista è sì un atto esteriore, ma richiede un profondo cambiamento interiore.
Giovanni si presenta come un precursore di Gesù, l’ultimo di una serie di profeti: veste come loro e mangia quello che offre il deserto. Dalle sue parole si capisce che non vuole essere scambiato per il messia che tutti aspettavano: sarà colui che sta per venire a battezzare in Spirito Santo.
Marco, dunque, con queste citazioni introduce il suo lettore in un clima di forte attesa, cioè di imminente venuta e manifestazione di Dio, ed offre, inoltre, al suo ascoltatore una chiave di lettura della figura di Giovanni: egli è colui che annuncia la liberazione dell’uomo, il suo riscatto dalla schiavitù del peccato, gli fornisce una nuova identità e lo riconduce nella terra promessa da cui proviene.
L’azione di Gesù sarà un’immersione profonda nella stessa vita divina: questa è la buona notizia che Marco con il suo vangelo vuole annunciare. Questa è la nuova relazione con Dio, che guiderà la vita degli uomini e delle donne che lo accolgono. Il loro potenziamento, grazie alla forza dello Spirito, permetterà di costruire la società alternativa fondata sull’amore, tappa terrena del regno di Dio.
Per riflettere
L’umanità è in cammino su una strada caotica e spesso senza rendersi conto di dove va: parla di pace e sceglie la guerra, parla di giustizia ed ecco il sopruso, parla di governabilità ed ecco le dittature striscianti, parla di diritti ed ecco le deviazioni, le manipolazioni, le torture. Questo mondo pensa di percorrere la sua strada senza Dio, rendendolo superfluo o addirittura negativo. La strada da percorrere è molto lunga ed è necessario abbassare i monti della povertà e della fame, come colmare le valli della disuguaglianza e della salute per avere una strada dritta che porti all’uguaglianza e al rispetto «effettivo» dei diritti di ogni singola persona in ogni parte del mondo.
Preghiamo
Come discepoli di Gesù, invochiamo il Padre della vita che ci doni il suo Spirito per essere in grado di costruire nuovi cammini abbassando le asperità e riempiendo le valli per facilitare agli uomini e alle donne del nostro tempo l’incontro con Lui.
A cura del Consiglio pastorale di Canova